martedì 16 dicembre 2014

La Nuova Terra

A suon di Pianoforte

Tanto per inziare con una definizione, un'etichetta o uno spartiacque, posso dire di me che:
sono una capra in fatto di coordinazione. Ma!

Ma (com'era? non si inizia mai una frase con il ma?) quindi inizio con:
Ma ma suonare il pianoforte è uno di quelle attività che opera prima internamente e poi esteriormente.

Voglio dire che quando le tue dita sfiorano, per la prima volta, i tasti del pianoforte e le tue orecchie colgono i suoni così alti, bassi, profondi, leggeri, tutti gli altri sensi s'accodano attirati da quell'unica fonte musicale, la più alta Arte esistente.

Arte qui intesa come quel passaggio, cui l'uomo si fa veicolo, sentiero, viaggiatore e guida al contempo, che porta una creatura a compenetrarsi con l'altra, nella fusione armonica, attirati tutti verso l'Uno.

Iniziando a suonare il pianoforte ho riscoperto come, la mia mancanza in fatto di coordinazione, mi permetta di apprezzare maggiormente i lenti ma "profondi" progressi giornalieri.

L'accordo che la mano sinistra chiede alla mano destra è la stessa richiesta di relazione che dal considerare il corpo come una somma di parti si giunge a vederlo nella sua origine, un Tutto "accordato".

Lo sforzo che richiede l'esercizio smuove su vari livelli, fisico, intellettuale e di coscienza il suonatore.

Quando stavo a Le Spinose, uno dei figli degli Sherpa nepalesi suonava il pianoforte.
La madre, di mentalità più pratica e diretta, non vedeva uno sbocco o un "guadagno" in questa pratica (come guidicare una mela solo dalla buccia)
Operando ad un livello più profondo i risultati effettivi si espandono su diversi campi.

Non diventerai un ninja che afferra al volo la solita tazza di tè che cade dal tavolino, ma inizierai a leggere la musica intessuta nelle trame, nella sospensione tra un respiro e un altro.


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