Valerio ha
lasciato la città.
Valerio ha lasciato la città e un posto
fisso come insegnante.
Uno dei
pochi con l’abilitazione che
abbandona una realtà e si “ritira” nella natura,
ricalcando i passi che già faceva da bambino, quando rimaneva affascinato nel
guardare rane e girini per ore.
Affitta delle camere nel suo
appartamento a Roma, abita la
maggior parte del tempo in campagna,
con le sue arnie e un piccolo orto, dove non mancano galline e piccioni (visto il suo amore
per quest’ultimi ne possiede delle varietà molto particolari, riccamente
piumati).
Per obliare
agli agguati delle volpi o dei cani randagi, ha costruito dei piccoli pollai sopra gli ulivi, mettendo della plastica intorno ai tronchi per
scoraggiare i predatori.
Siamo andati
a trovarlo qualche giorno fa con Geraint
per portargli delle vecchie arnie, le
casette delle api, costruite ad
arte, con misure precise per far in modo che il miele venga depositato dove vuole l’allevatore.
Una volta riempito l’arnia sottostante di miele, sperando che la varroa o la peste non colpisca lo sciame, le api salgono sulla più piccola cassetta che viene poggiata sopra, il melario, dove vengono posti dei telaini adatti per la raccolta alimentare.
Una volta riempito l’arnia sottostante di miele, sperando che la varroa o la peste non colpisca lo sciame, le api salgono sulla più piccola cassetta che viene poggiata sopra, il melario, dove vengono posti dei telaini adatti per la raccolta alimentare.
Già ai tempi
degli antichi egizi si praticava l’apicoltura, installando delle arnie
mobili sulle barche che percorrevano il Nilo
seguendo la fioritura annuale.
Usavano il propoli, una sostanza che secernono le
api, per la mummificazione dei corpi che
bloccava il processo di decomposizione.
Nel caso in
cui un grosso parassita entra
nell’alveare le api uccidono la preda, non riuscendo a portarla fuori e la
ricoprono di propoli per evitare che
la putrefazione del cadavere possa
portare delle malattie all’interno dell’alveare.
Oltre la
minaccia delle malattie e delle problematiche ambientali (pesticidi,
fertilizzanti, ecc.) uno degli assassini di questi utili insetti è il calabrone.
Un sistema artigianale per uccidere questo
mangiatore di api, consiste in aceto, acqua e zucchero versati dentro
una bottiglia di vetro o plastica. Alcune
bottiglie si possono tagliare in due rovesciando
la parte superiore e infilandola in
quella inferiore.
La trappola uccide unicamente calabroni e vespe.
Altro
discorso se l’arnia viene attaccata
da uno sciame di calabroni, una
razza importata, che si sposta in
gruppo e attacca l’alveare distruggendo
la famiglia.
E’ da ormai
parecchi anni che continua la moria
delle api, questi piccoli insetti impollinatori,
preziosissimi per il genere umano e l’ecosistema. Ci sono alcuni movimenti in Italia e all’estero che
promuovono l’allevamento cittadino e
il ritorno ad un’agricoltura consapevole
, soprattutto in prossimità dei terreni con arnie (il range delle api è di circa 3 chilometri).
La maggior parte dei prodotti che mangiamo derivano infatti dal lavorio delle “api danzanti”.
La maggior parte dei prodotti che mangiamo derivano infatti dal lavorio delle “api danzanti”.
Il Miele delle Api Danzanti
Giustamente
ha chiamato così il miele che vende e produce Andres Lasso, mio cognato, allevatore di qualche alveare in prossimità di Firenze.
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